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venerdì 28 giugno 2013

Il gioco del perdono

Adoro leggere...ma non c'è nulla di meglio che leggere al parco all'ombra di un grande albero.
Il cinguettare degli uccelli mi rilassa e mi perdo nella lettura, immedesimandomi nel personaggio che sento più vicino a me. Il tempo e lo spazio svaniscono e mi sembra di essere lì al centro della storia.

Leggevo di due amici che si erano persi di vista, per un litigio avvenuto anni addietro. Il personaggio in cui mi ero immedesimata era l'amico ferito. Soffriva perché aveva perso l'amico, ma non riusciva a perdonarlo.

Improvvisamente sono stata riportata alla realtà dalle urla e i sorrisi di un gruppo di bambini che giocavano attorno a me. Dovevano avere circa 5 anni. I bambini giocavano a palla, le bambine raccoglievano fiori per comporre un mazzetto da regalare alla maestra.

Poi ad un tratto, un bambino ha cominciato a piangere. Si chiamava Tom. Piangeva perché non riusciva a toccare la palla e si sentiva escluso. Un altro bambino, François, che aveva tutta l'aria di essere il "capo", diceva agli altri di non passargliela perché non sapeva giocare. Tom piangeva inconsolabile, steso a terra.

Ad un tratto è arrivato un altro bambino. Si è semplicemente steso accanto a lui. Non diceva nulla. A un certo punto gli ha messo una mano sulla spalla e come per magia Tom ha smesso di piangere. Si sono alzati e hanno cominciato a giocare assieme. Quel piccolo dramma sembrava non essere mai esistito. Raccoglievano piccoli rametti di legno. Si divertivano come matti e ridevano rumorosi.

All'improvviso François ha fermato il gioco e si e' avvicinato incuriosito. Gli altri bambini lo hanno subito seguito. Ha chiesto a Tom - "Cosa fate?"
E Tom ha risposto - "Raccogliamo rametti. Ci aiutate?" - come se François non fosse lo stesso bambino che pochi minuti prima lo aveva escluso dal gioco.

In men che non si dica erano tutti alla ricerca di rametti. Con i rametti raccolti hanno delimitato il campo da gioco, hanno delineato le due porte e poi si sono divisi in due squadre.

François sceglieva i suoi compagni di squadra ed ha urlato - "Tom tu giochi con me perché segni sempre tanti gol". E Tom tutto fiero si e' messo in posizione e quando hanno cominciato a giocare ha dato il meglio di sé.



Non so quanti gol ha fatto Tom, a un certo punto ho smesso di contarli. Ero assolutamente estasiata. Catturata dalla semplicità con cui Tom aveva dimenticato che François l'aveva fatto piangere, accogliendolo a giocare con lui e dando il massimo nella partita per lui.
Ero sbalordita dalla naturalezza con cui François aveva cambiato idea sulle doti calcistiche di Tom.

A quel punto la maestra li ha richiamati. Mentre cercava di farli mettere in fila per due, loro le sfuggivano per cercare di dare la mano all'amico del cuore. E immaginerete la mia gioia, mista a incredulità, quando Tom è corso a dare la mano a François che, a sua volta, ha tolto la mano per mettergli il braccio sulla spalla.

Mentre li osservavo sfilare tra le urla e i sorrisi, ho raccolto la mia coperta e mi sono incamminata verso casa. Non potevo più tornare a leggere. Non avrei più capito come non sia possibile perdonare qualcuno, soprattutto un amico.

A volte noi grandi non riusciamo a perdonare perché è come se avessimo paura di apparire deboli, come se l'altra persona la facesse franca, o magari possa ferirci di nuovo. Come se non perdonare potesse evitare entrambi le cose. E intanto soffriamo, perché il rancore e il risentimento ci consumano dentro.

Tom non aveva perdonato François per non averlo fatto giocare a palla all'inizio. Tom aveva perdonato François punto e basta. Aveva perdonato il bambino, non l'offesa. Ma evidentemente, dopo aver perdonato la persona, l'offesa aveva perso di significato.

Chissà come sarebbe il mondo dei grandi se imparassimo a giocare al "gioco del perdono"...

Love

Starlight

 


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